Ad Occidente

Nostra Signora VISA, che Dio la benedica

Sono arrivato in Belgio al grido di guerra “a noi le bionde”: credevo che avrei passato la vita a divertirmi. Come tutti, mi aspettavo di trovare l’Eldorado, la cuccagna. Erano gli anni ’70 e vivevo a Tangeri. A quel tempo era molto facile emigrare ed io faccio parte della prima generazione di marocchini che sono arrivati numerosissimi a Bruxelles in quel periodo. Venivamo tutti dal Nord, mentre coloro che abitavano a Casablanca e dintorni andavano in Italia e quelli del Sud emigravano in Francia. Avevo un cugino che viveva a Bruxelles, lavorava all’ospedale Saint Pierre: mi ha offerto ospitalità in casa sua. A quell’epoca emigrare dal Marocco era molto diverso da come è ora: arrivavamo in Europa senza saperne nulla. Non c’era Internet e noi non avevamo la televisione. Coloro che partono ora, sono informati su tutto: fin dall’inizio sanno che a Molenbeek1 è uno schifo, perfino quegli animali del Sud che vengono qui ora da Rabat, Fes, Meknes o addirittura dal deserto.

E’ chiaro, quelli che arrivano adesso preferirebbero vivere al loro paese, dove forse, se vogliono, possono essere loro a comportarsi da razzisti contro quelli dei Sud, invece di subire il razzismo, come avviene in Europa. Ma all’emigrazione non c’è alternativa, è l’unica possibilità per noi.

Ai nuovi arrivati non interessa nulla dell’Europa, quello che vogliono sono i soldi, ed i soldi sono qui. Invece, noi giovani che siamo emigrati negli anni ’70 eravamo anche attratti dall’idea di vivere a Bengodi: piaceri e libertà “à la carte”. Al tempo in cui sono arrivato io, la prima cosa che facevano le marocchine in Belgio era dipingersi i capelli di biondo ed iniziare a fumare. Ora invece, il loro primo cambiamento consiste nel mettersi il velo nero che non portavano a casa loro. Addirittura, i genitori mettono l’ hijab2 alle bambine di sei anni, cosa che non esiste nei paesi arabi, dato che la religione islamica prescrive di portare il velo a partire dalla pubertà. Serve a dimostrare una identità e al tempo stesso contribuisce a cambiare il volto dell’Europa. Basta scendere dalla metropolitana alla stazione di Comte de Flandre o Etangs noirs3 e non si vede altro che una marea di queste presenze nere. Ormai lì tutte le donne sono velate. Eppure sono quasi tutte marocchine ed in Marocco non esiste alcun luogo, neppure i più sperduti villaggi, dove si veda questa ondata nera che invade le strade. Qui hanno timore di perdere la loro identità, dunque la evidenziano, la sottolineano.

Peggio ancora è per gli uomini, che continuano a portare i blue jeans come facevano in Marocco. Soltanto la faccia da arabo li distingue dagli altri. Ma vivono stretti in una morsa: da un lato c’è loro madre, in casa, che gli dice che sono meravigliosi, che li chiama “amir” (principe); dall’altro, fuori di casa, per la strada, ci sono gli europei che gli dicono che non sono nulla. Vivono un conflitto d’identità che è molto forte.

Ormai, coloro che arrivano dal Marocco non si aspettano più Bengodi e la libertà, ma un pozzo da cui attingere automobili, lavatrici ed aspirapolvere. Però sanno che il prezzo da pagare per avere queste cose sarà alto e che qui la vita sarà dura. Prima arrivavamo sul tappetto magico, col contratto di lavoro in tasca. Adesso, avere un visto è un’impresa titanica. E dunque giungono già sulle difensive, col pugno alzato, muniti di un progetto forse inconsapevole: cercare di cambiare la testa a quelli di qui.

Sappiamo che l’europeo è coniglio, è codardo: basta reagire con la violenza e quello mette le pive nel sacco. Non credo che riusciranno a cambiare il cervello degli occidentali, ma so che alla fine del conflitto vinceremo noi. Il futuro dell’Europa è nostro. E’ una questione di numeri: il conflitto con l’Occidente sarà risolto per via demografica. Facciamo molti più figli degli europei ed i nostri bambini nati qui sono belgi. Si chiamano Mohamed e fanno il Ramadan, del Belgio non sanno né vogliono sapere nulla, ma sono pur sempre belgi.

Siamo già mezzo milione originari del Marocco in questo piccolo paese che è il Belgio e spesso qualche bionda la sposiamo, come ho fatto io, per esempio. E’ sempre la moglie che deve convertirsi alla religione del marito, anche perché un mussulmano non può convertirsi. E’ possibile sposare una cristiana, questo sì, ma poi chi accetterebbe di avere figli educati secondo una religione che non è la nostra? Se invece è una donna mussulmana a volere sposare un cristiano, la famiglia e la comunità riuscirà sempre ad impedirlo. A meno che, come minimo, il bianco non si converta. E così i numeri crescono e saranno presto dalla nostra: le proiezioni demografiche dicono nel 2030 Bruxelles sarà una città mussulmana. In Belgio ci siamo insediati in tutte le sfere della vita e dei servizi pubblici: ormai la Posta e la STIB4, i taxi, sono già nelle nostre mani perché la gran parte dei dipendenti sono di origine marocchina. Siamo ampiamente penetrati nella Polizia, nei Ministeri, abbiamo il controllo dei servizi che si occupano di ogni possibile questione relativa alla discriminazione ed al razzismo nel Ministero degli Interni. Siamo magistrati, Ministro della Cultura5, stiamo entrando in massa in politica ed alle ultime elezioni amministrative a Bruxelles c’erano partiti come quello socialista che hanno presentato il 50% dei candidati di origine marocchina. La gente non li ha votati, ma quelli che hanno il potere ci vogliono.

Ora, voglio vedere cosa farete voi occidentali quando vorremo stabilire in Europa la nostra religione e le nostre leggi. Con la cultura della mollezza che vi caratterizza non farete altro che ripetere quello che già dite: è troppo tardi, non ci sono alternative, dobbiamo accettare. Se “multiculturalismo” non sarà più parola appropriata perché avremo vinto, per salvare la faccia ne inventerete un’altra. Volevate integrarci, ma saremo noi che vi integreremo! Già siamo riusciti ad imporre il cibo “halal” nelle mense di varie scuole belghe, con la legge anti-discriminazione e razzismo siamo riusciti ad abolire i regolamenti scolastici che stabilivano che i figli dei residenti di un Comune avevano diritto di priorità ad iscriversi nelle scuole locali. Il risultato è che anche se abitiamo a Molenbeek, mandiamo i nostri bambini nei migliori istituti scolastici di Uccle6 dove insegniamo ai compagni belgi a mangiare “halal”7. E’ nelle scuole dei loro quartieri che mostriamo ai bambini belgi che non bisogna accettare il corso di studi che propongono qui, non le lezioni di storia dove si tratta una menzogna come la Shoah, che altro non è che un modo per far commuovere sul destino dei vostri amici israeliani. Insegniamo a boicottare le lezioni di filosofia e a minacciare gli insegnanti che trasmettono alle menti dei giovani il pensiero di atei impuri come Voltaire8. Col nostro esempio, quando vietiamo alle nostre figlie di frequentare corsi di nuoto e rifiutiamo di mandarle in gita scolastica perché è uno scandalo che passino giorni a contatto con i maschi, lontano dalle famiglie, insegniamo agli europei cos’è il pudore. Ed intanto i figli dell’alta borghesia belga e dei diplomatici occidentali che vivono a Uccle imparano la lezione. Così facendo, noi marchiamo la differenza: la mostriamo e la insegniamo.

Molto più di noi immigrati degli anni ’70, i nuovi arrivati dal mio paese non amano affatto questo posto, questa cultura, questa mentalità e questa gente. Sanno che è un luogo dove prendere i soldi e basta. Ma è sempre meglio che restare in Marocco, dove non c’è economia. Cosa c’è da noi? Il turismo? Ma tutti preferirebbero che loro padre lavorasse in fabbrica, invece che mettersi a ballare per i turisti, salvaguardando la sua dignità, invece di fare la scimmia per gli stranieri in casa propria. Tuttavia, le fabbriche sono in Europa. Ed il turismo è una economia fragile: lo si vede ogni volta che una bomba esplode davanti ad un hotel, si entra in una fase di recessione perché i turisti non arrivano più. Dunque, l’emigrazione.

E la libertà che sognavamo di trovare noi che abbiamo lasciato il Marocco negli anni ’70? Non interessa a quelli che giungono in Europa oggi e ancor meno importa a quelli di seconda generazione che qui sono nati. Dicono loro che in Europa troveranno democrazia e diritti umani, ma nessuno in questo paese si è mai preso la briga di insegnare cosa queste parole comportano. Così i miei connazionali neo-arrivati credono che esse implichino unicamente il diritto di beneficiarne, non il dovere di esercitarli. Sono abituati a vivere in regimi dove lo Stato è qualcosa cui devi sottometterti, non sono certo pronti ad esercitarla attivamente, la cittadinanza. E sono spaesati.

In passato nelle miniere si metteva un uccellino. Se l’uccellino moriva voleva dire che c’era una fuga di gas che stava iniziando. E questa fuga è iniziata. Anch’io sono spaesato, dopo trentacinque anni che vivo in Europa. Voi occidentali vivete sotto la dittatura dell’istante, dell’urgenza, della fretta. Gestire il tempo: in questo consiste il potere. Prima, a Tangeri, era la voce del mohezin che chiamava dall’alto del minareto a scandire il mio tempo, a dire quando nasceva il giorno. Il tempo era ciclico. Qui invece il tempo ha preso una direzione: quella del vostro progresso. A me non piace affatto.

Come non mi piace per niente il comportamento dell’Occidente con gli arabi. A voi fa un gran comodo Al Qaida: per mezzo di essa riuscite a fare credere che l’Islam è terrorismo e a fare contenti i vostri soci sauditi che utilizzano l’accusa di favoreggiamento ad Al Qaida contro chiunque si opponga al loro regime. In Arabia Saudita quattro gatti sono principi, tutti gli altri muoiono di fame, non hanno neppure le fogne. Ma ai bianchi quegli arabi vanno bene, mai niente da dire su di loro perché da loro c’è il petrolio. Gli occidentali sono come le cavallette: prendono e vanno. Così hanno fatto da noi, in Marocco, con la colonizzazione.

Guardate l’Afghanistan: gli americani non potevano andarci direttamente per timore dell’URSS. Cosa hanno fatto? Hanno armato gli arabi. I sauditi e i bianchi (europei e americani) vanno a braccetto, sul fiume del petrolio che scorre. Finché ce ne sarà.

Perché questo conta per gli occidentali, il petrolio. Per il resto, ve ne fregate di tutti. Gli unici senza petrolio che sostenete sono i palestinesi. Perché a voi quegli approfittatori piantagrane che seminano zizzania fanno comodo. Così come Al Qaida. Come questa serve a mostrare che gli islamici sono un pericolo, i palestinesi servono a far vedere un mondo arabo piagnucoloso. Con la mano sempre tesa a chiedere l’elemosina, i palestinesi sono una benedizione per le sinistre europee. Ed intanto quelli se ne approfittano ed hanno trasformato in un mestiere il fatto di essere palestinesi. Del loro piagnisteo hanno fatto un’industria, si sono riempiti le tasche ed hanno un sacco di soldi in tutte le banche del Medio Oriente e del Golfo Persico. Sono dei furbastri che cominciano da giovani a sfruttare la loro situazione alla faccia di quei fessi degli occidentali. Ne ho conosciuti molti all’Università in Marocco dove rimanevano per venti anni facendo vita da nababbi, pieni di borse di studio delle organizzazioni di sinistra europee e dell’ “Unité arabe”.

“Unità araba”, bella espressione! Ma completamente vuota. Non esiste nessuna unità araba. I tunisini non sanno neppure loro cosa sono, gli algerini o sognano soltanto di essere francesi oppure si sprofondano in radicalismi islamici in misura direttamente proporzionale alla loro livida invidia per l’Occidente. Noi marocchini dobbiamo sederci a tavola con gli integralisti islamici, i “barbuti”9 ma dire che fanno schifo per compiacere l’Occidente. Prima di cambiare la Costituzione, modernizzandola, a suo dire, comunque, occidentalizzandola, il re del Marocco usciva con una guardia del corpo. Ora è scortato da almeno quaranta “bodyguards”: teme le ritorsioni dei barbuti. Da noi c’è gente che crea conflitti per prolungare il piacere della lotta. Noi arabi che abbiamo inventato la matematica, la farmacia, ora creiamo soltanto i GG, i “Gilet-Gsm10”: quando squilla il telefono, quelli esplodono.

Ma ci dicono che siamo tutti fratelli: è la fratellanza mussulmana. Con l’ “haj”, il pellegrinaggio alla Mecca che ogni buon fedele dell’Islam deve fare almeno una volta nella vita se ne ha i mezzi economici11, si saldano i legami che non esistono e che dovrebbero unire gli arabi fra di loro. In fondo, l’ haj è una crociata pacifica perché è lì che popoli non amici si trovano da “fratelli” nella “fratellanza mussulmana” su un piede di parità dove non c’è il ricco e non c’è il povero (noi non abbiamo i vostri cardinali e papi), con un solo elemento di coesione: il nemico, l’Occidente.

Prima l’Occidente ha sostenuto i dittatori nei paesi arabi, ha fatto affari d’oro con loro, li ha abbracciati e messi sullo scranno del potere. Poi ha deciso di levarli di mezzo. Questo è la primavera araba. La democrazia è una parola greca. Lasciamola ai greci. Noi abbiamo Dio sopra la politica. I risultati delle elezioni ve lo dicono chiaro e tondo. Vi siete lanciati ansimanti su Nord Africa e Medio oriente credendo di potere ora imporre i vostri sistemi, le vostre idee. Ma ci conoscete così poco che non avete capito proprio niente: noi della vostra democrazia consumista e senza Dio non ne vogliamo sapere. Siete sorpresi e delusi dai risultati delle elezioni in Tunisia ed in Egitto? Se siete ignoranti non è colpa nostra.

Comunque, ho una domanda da fare: quando qualcuno si interessa a qualcun altro è perché o gli vuole molto bene oppure gli vuole molto male. Perché l’Occidente si interessa tanto agli arabi, ai mussulmani?

Ora arrivano quelli del Fondo monetario internazionale con le valigie piene di soldi da dare all’Egitto e agli altri paesi. Ma perché se in America ed in Europa hanno fame, questi danno a noi arabi tutti questi soldi? E’ per il solito gioco: giungono con il sorriso, ma dietro ci sono le regole.

Danno i soldi perché vogliono che diventiamo come loro. Corrotti e depravati come loro. Capaci di tutto per i soldi. In Occidente non avete rispetto per niente, neppure per le donne che sono le vostre madri e le vostre sorelle. Guardate cosa fa una compagnia aerea per vendere biglietti a 9 euro: mostra le hostess quasi nude su un calendario… una cosa vergognosa… nessun rispetto per niente, solo i soldi.

Noi siamo diversi. Per questo molti europei si sono già convertiti alla nostra religione. Il quarto governatore dopo Maometto, Ali Ibn Abi Talib, essendo giunto nella grande stanza di denaro dove erano custoditi i proventi della “zakat”12, al percepire il profumo di muschio che era profuso in quel luogo, si chiuse il naso, poiché non aveva il diritto di beneficiare di quella fragranza che non gli apparteneva.

L’Occidente è sornione e falso: vengono e quando partono hanno le tasche piene. Come in Iraq, dove sono arrivati per salvarci, così dicevano, dalla dittatura. Ora gli iracheni implorerebbero il ritorno di Saddam. All’opposto di noi, gli occidentali quando vincono sono tolleranti, aperti, quando perdono sono critici. Fino a quando siete in posizione di forza siete regali, principeschi, dei veri signori. Siete talmente convinti di essere sulla buona strada!

Noi siamo il terzo mondo, i terroristi, le dittature. Voi siete gli alfieri della libertà e della democrazia. Ma alla fine cosa è la vostra libertà? La libertà di consumare, di spendere, devoti ad una sola religione, la fede in Notre Dame13 VISA, che Dio la benedica!

search previous next tag category expand menu location phone mail time cart zoom edit close